Il castello Chiaramontano di Siculiana

storia del celebre castello di siculiana

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  1. agrigentoierieoggi
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    Il castello Chiaramontano di Siculiana, posto a 85 metri sul livello del mare, tra il capoluogo e Sciacca, è un monumento dell’anonima e ricca architettura castellana. Costruito sull’estremità della cresta rocciosa di un promontorio, forse sede dell’antica Cena, dominava con le sue torri merlate il paese che portava il medesimo nome e la vallata dolcemente adagiata sul mare Mediterraneo, dove stava un ricco emporio frumentario. Era anche una rocca imprendibile.

    La sua inespugnabilità era particolarmente dovuta alle sue mura, che cadevano a picco sull’orlo della roccia. L’origine del fortilizio è araba. I musulmani lo avevano chiamato, unitamente al piccolo casale circostante “Rahl" o "Kalat Siguliana”, e figura tra gli undici castelli che resistettero a Ruggero il normanno, ma che furono distrutti dopo la resa di Agrigento siglata il 25 luglio 1087.

    Dopo la guerra del Vespro, conclusasi con la pace di Caltabellotta il 24 agosto del 1302, Federico Chiaramente, figlio di Federico e della Marchesia Prefolio, signora di Caccamo, ricevette, in premio del suo valore, dal re Federico II di Aragona la baronia di Siculiana unita a quella di Favara e di Racalmuto. Il Chiaramonte fece ricostruire l’antico castello arabo di cui giacevano rasi al suolo gli avanzi. I lavori di ripristino furono condotti così alacremente che nel 1310 la rocca di Siculiana era ritornata a nuova vita. La fronte dell’edificio, rivolta a Sud, venne munita di torri e propugnacoli. L’unica via d’accesso fu intagliata nella dura roccia e comunicava unicamente con il ponte levatoio e attraverso un androne, un arco a pieno centro, si arrivava nel mezzo della vasta piazza d’armi a forma triangolare, dove fu scavata una profonda cisterna per raccogliere e conservare l’acqua piovana per l’uso quotidiano dei castellani, acqua che diveniva preziosa in caso di assedio.

    http://www.agrigentoierieoggi.it/il-castel...o-di-siculiana/


    Un autentico ipogeo collegava il Castello con un sito prossimo al “Caricatore di Siculiana” e ad una antica sede principesca di Serralonga, nell’omonima contrada, per consentire al Barone una via di fuga segreta in caso di necessità. L’ingresso di tale ipogeo si trova in un vano del “Quarto Nobile" e fu costruito, volontariamente dagli Agnello nel 1934. Sul cortile si affacciavano le ampie scuderie, le sale d’armi, gli alloggiamenti degli armigeri e del personale di scuderia; i magazzini per il deposito dei raccolti e delle provviste, le carceri e la chiesa di S.Lorenzo, la più antica di Siculiana risalente alla metà del secolo XVII. Denominata anche detta Madonna degli Angeli, fu la prima sede di culto del S.S. Crocifisso nero del Paese che viene festeggiato ogni anno ai primi del mese di maggio. A Sud-est stavano i locali detti il «quarto nobile» formato da due piani, adibiti a dimora del barone e luogo di ricevimenti. Nelle sale interne sino ai primi del '900 si potevano ammirare i resti di antichissimi affreschi. Qui nel 1331, venne celebrato con grande pompa, il secondo matrimonio tra l’unica figlia di Federico Chiaramente, Costanza, vedova del marchese di Savona Antonino del Carretto, e il nobile genovese Brancaleone Doria, governatore della Sardegna nel 1335. Pare che la scelta del castello di Siculiana fosse stata determinata dalla bellezza del luogo e della struttura e da una credenza secondo la quale i patti conclusi nella rocca di Siculiana erano benedetti dalla Provvidenza.

    Questa credenza elevò la rocca di Siculiana a simbolo di abbondanza. Ciò spiega le tantissime nozze e gli accordi nobiliari che ivi si tennero.

    Brancaleone Doria è il personaggio citato da Dante Alighieri nell’Inferno della Divina Commedia nei versi da 133 a 153 del XXXIII canto. Dopo la morte di Federico avvenuta ad Agrigento verso la fine del 1312, la baronia ed il castello di Siculiana andarono a Costanza sua erede universale. Costanza morì ad Agrigento nel marzo del 1350 lasciando il titolo e la proprietà ad Antonio del Carretto Chiaramonte, barone di Racalmuto, suo figlio primogenito di primo letto. Molto celebrati i ricevimenti che, senza risparmio di fasti, Antonio teneva nel castello. Con la sua morte la signoria di Siculiana passò al figlio primogenito Gerardo, convinto assertore di re Martino e suo indiscusso sostenitore contro i baroni siciliani che si rivoltarono contro la corona di Aragona nel 1398

    Gerardo delk carretto si ritirò tuttavia in Piemonte, lasciando la baronia e la terra di Siculiana al fratello minore Matteo. Il possesso fu poi confermato da re Martino nel 1401 in segno di gratitudine nei confronti detta stirpe. Alla morte di Matteo del Carretto titolo e terra passarono nel 1408 metà a Giovanni suo primo-genito e per metà ad Andrea Caro nobile licatese. Nel 1427 acquistò la signoria , la terra ed il castello di Siculiaha il nobile catalano Gilberto Isfar de Corilles venuto in Sicilia al seguito di re Alfonso il Magnanimo che tre anni dopo gli concesse la facoltà di poter esportare dal caricatore di grano della signoria, derrate cerealicole, nonché i diritti di portulania e diritto di nomina del vice Portolano. L’elargizione costituì la ricompensa del sovrano al “valoroso” Gilberto per I meritori servizi durante la conquista del Regno di Napoli. Gilberto non disdegnava affatto il gentil sesso era anche provetto cacciatore.

    Nel 1437 si investì della baronia Giovanni Gaspare, figlio di Gilberto con privilegio di re Alfonso dei 29 gennaio 1458 ottenne di associare alia signoria di Siculiana il limitrofo territorio ei di Monforte che più avanti ospiterà la cittadinanza di Cattolica.

    Vincenzo Corilles ereditato nel 1491 dal padre Giovanni Gaspare la terra e il castello di Siculiana, vendette la baronia a Guglielmo Valguarnera. La baronia fu comunque riacquistata da Giovanni Isfar de Corilles che si investì il 26 maggio 1526. Giovanni fu uomo irascibile, esigente nei confronti della servitù. Egli lasciò nel castello segni architettonici della cultura spagnola. Aveva particolare predilezione per i profumi.

    Ultimo di questa famiglia fu Blasco, marito di Laura Gaetano, che fondò nel 1642, sulla riva del fiume Platani, Cattolica, che Filippo il elevò a principato. Di Blasco si dice fosse appassionato di botanica, pare che seguisse direttamente la piantumazione, nei giardini del Castello, di specie vegetali, che si dilettava a selezionare. Della signoria di Siculiana e di questa città si investì il primo ottobre 1616 la sua unica figlia Giovanna che portò questi possedimenti in dote a Vincenzo del Bosco duca di Misilmeri e primo principe di Cattolica.
    La famiglia del Bosco di estinse nel 1668 con la morte di Giuseppe il quale non ebbe prole, figlio dì Francesco del Bosco Isfar.
    Della baronia s’investì il 12 maggio del 1721 lo zio materno Francesco Bonanno del Bosco, principe di Roccafiorita, figlio di Rosalia del Bosco Sandoval e di Filippo Bonanno Marini.
    Francesco fu amante della pittura ed a lui si debbono buona parte degli affreschi un tempo mirabili nel “quarto nobile” (demolito agli inizi del 1900, dal barone Agnello).
    Dopo la sua scomparsa avvenuta a Napoli nel novembre 1779, gli successe nella signoria di Siculiana il figlio primogenito ed erede universale Giuseppe Bonano Filangeri.

    Da questi la baronia passerà a Francesco Antonio Bonanno Borromei il 24 marzo 1781 ed infine a Giuseppe Bonanno Branciforti il 9 luglio 1798, suo figlio, ucciso nel corso dei moti palermitani del 1820. L’ultimo barone di Siculiana, riconosciuto con decreto regio del 26 dicembre 1899, fu Antonio Bonanno Perez. Quest’ultimo dotò il Castello di una mirabile cantina, egli stesso era un enologo raffinato. Cessato in Sicilia il regime feudale, il castello venne adibito a “Bagno penale” (carcere). Su un’antichissima porta della cella d’isolamento sono ancora impressi i nomi dei carcerati, incisi di proprio pugno. Sino al 1924 fu adibito a carcere mandamentale.

    La proprietà passò, quindi, eredi del barone Agnello, ¡ quali demolirono il “quarto nobile” (1934) ovvero la parte di maggior rilievo storico ed artistico per costruirci una sontuosa villa, in stile neogotico, che contrasta con le povere case dei popolani erette a valle, indizio inequivocabile di una struttura sociale ancora di traccia feudale. Ospite del cavaliere Agnello, in quest’ultima villa, dimorò dal 4 settembre all’11 ottobre 1955, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, insigne scrittore del ‘900. Secondo diversi studiosi, qui, il Tomasi scrisse pagine dell’ultima parte de “Il Gattopardo", opera postuma.
     
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